giovedì 30 maggio 2013

Dylaniati dalla bomba



Mi frullava in testa da diversi giorni un articolo con cui inaugurare la sezione fumetti. L’argomento doveva essere la mia decisione, dopo 7 anni e 320 numeri (più gli speciali), di abbandonare Dylan Dog. Così, tanto per essere coerente, mi sono messo al lavoro e ho finito con lo scrivere un post sul perché continuerò a leggerlo.
La scelta di abbandonare è maturata in modo lento e continuo negli ultimi mesi, in particolare negli ultimi tre mi sono ricordato di andare in edicola a prendere l’ultimo numero solo un paio di giorni prima che lo ritirassero. Questa non è sicuramente voglia di leggere, lo definirei piuttosto un obolo  alla speranza e all'abitudine. Dal 2011 mi sono veramente piaciuti solo 7 numeri su 26. Senza stare a specificare e a farla lunga, sono numeri in cui viene creato un mondo in cui il personaggio Dylan vive e fa vivere al lettore veri incubi, fa sorgere domande e interpretazioni, interagisce con personaggi secondari credibili e interessanti. Quasi tutti gli altri numeri sono gialletti che sembrano realizzati con il solo scopo di ripetere ogni mese frasi, schemi, noia. Viene quasi da chiedersi perché non facciano indossare a Dylan camicia gialla e cappello da cowboy.
Le storie di Dylan, secondo un mio personalissimo parere relativo ai migliori albi, dovrebbero permettere a all’indagatore dell’incubo di muoversi su trame sconosciute, destabilizzanti, in cui vengono tolti sistematicamente tutti gli appigli al lettore. Questo era e vorrei che tornasse ad essere il fumetto dell’incubo.
Un altro fatto importante che mi ha portato alla decisione di tagliare con l’inquilino di Craven Road 7 è che in questi ultimi mesi sono riuscito a recuperare le prime tre serie di John Doe (di Bartoli e Recchioni). 77 numeri in poco più di un mese. Punto.  Non c’è altro da dire. Decisione presa. Così ho smesso di leggere pure Craven Road 7, che, mese dopo mese, si è trasformato in un contenitore per gemiti di dolore e invettive verso lo sceneggiatore di turno e il curatore della testata. Una valanga di critiche, forse troppo aspre e continue, ma fatte dal nocciolo duro dei lettori assidui, da persone per cui Dylan ha avuto un significato reale per anni e che lo stavano vedendo morire un mese dopo l’altro. Molti hanno resistito, altri l’hanno abbandonato  per strada come stavo per fare io, poi, il 20 maggio, è stata sganciata la bomba.
Mauro Marcheselli, direttore editoriale della Bonelli, durante una presentazione in libreria con Roberto Recchioni (ariecchilo che torna) annuncia che, e qui riporto testualmente dal blog di RRobe:  “su incarico diretto di Tiziano Sclavi, sono stato nominato nuovo curatore di Dylan Dog”. Ok ora potete iniziare a fare le capriole , a strapparvi i capelli e a fare qualunque cosa facciate di solito per manifestare sommo gaudio. Se non siete in preda a spasmi di gioia forse non avete capito bene di chi stiamo parlando. Sua maestà Roberto Recchioni, la rockstar del fumetto, quello che ogni 22 numeri tondi di John Doe stravolgeva radicalmente la rotta del fumetto per principio, uno che ci gode terribilmente a spiazzare, uno che conosce l’incubo, uno pieno di talento e pure maledettamente bravo a vendersi e, per concludere con qualcosa di assolutamente necessario, uno che sa perfettamente come e quanto esagerare.
Secondo quanto scrive lo stesso fumettista, i primi rimaneggiamenti a storie già scritte dovrebbero partire già tra pochi albi e il nuovo ciclo tra circa un anno e mezzo. Si è fatto un gran scrivere e parlare di come sarà rinnovato Dylan, dettagli più o meno rilevanti, confermati o inventati. Dal mio punto di vista al momento l’unica cosa che ha senso leggere in merito è uno stupendo post di Recchioni sulla nuovissima pagina facebook dell’Old Boy (eccolo) in cui si legge l’invito ufficiale agli autori di Dylan ad "OSARE". Al di là delle guerre tra blog e forum, al di là del gossip fumettaro, ora solo questo conta, che si ricomincino a creare storie coraggiose e originali.
Non so se Sergio Bonelli abbia guardato giù e sussurrato all’orecchio di Sclavi, o se il figlio Davide abbia semplicemente guardato i dati di vendita e lo stato del personaggio, o se le critiche continue da parte dei lettori di lungo corso abbiano avuto un peso. Le uniche certezze sono che: Bonelli ha affidato una lama di Hattori Hanzo al miglior samurai sulla piazza e che io non smetterò di andare tutti i mesi in edicola.

Nuova e lunga vita a Dylan Dog!

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