Bling Ring – Sofia Coppola
2013
Quinto lungometraggio per la figlia, moglie, sorella, nipote e cugina d’arte più famosa del mondo. E, similmente a quanto succede per i titoli precedenti, mi trovo a dover sospendere il giudizio. Partiamo dal presupposto che, per quanto mi riguarda, l’apice della regista in questione è Lost in Translation (un Bill Murray così, solo in Broken Flowers di Jarmush) e diciamo pure che questo non è certamente il capolavoro della vita di Sofia Coppola. Chiarito questo punto possiamo iniziare a parlare della pellicola, i cui temi, evidentemente, interessano parecchio alla signora Coppola. Ricchezza, fama, alienazione.
Ora, se tu mi parli di ricchi viziati e annoiati che si trascinano attraverso giornate composte solo di tempi morti, e lo fai (quasi sempre) senza nemmeno una punta di sarcasmo, sbattendomi in faccia ciò che esattamente (non) succede nelle loro vite, senza dirmi altro, io come faccio a dare un giudizio sul soggetto? Posso darlo sul primo film, ma al quarto/quinto film sullo stesso identico argomento non so proprio che dire. Devo ammettere di non ricordare benissimo “Il giardino delle vergini suicide”, ma gli altri film seguono tutti lo stesso identico tema. Quindi, direte: “Perché dovrei guardarli tutti?”. Semplice. Per la capacità della regista di confezionare ottimi film, interessanti e sufficientemente diversi fra loro, partendo da un’unica idea per nulla coinvolgente.
Troppo facile fare un film interessante quando hai un poliziotto messicano con un machete in mano e schizzi di sangue ovunque. Provateci con un attore in declino che non sa se rimanere in albergo a Tokio o tornare in America. Provateci con un gruppo di 5 ragazzini che non vogliono fare altro che imitare in tutto e per tutto le star più chiacchierate del jet set.
Tratta da una storia vera, la pellicola in questione ci porta a conoscere un gruppetto di ragazze, più un ragazzo, che nella Hollywood dei VIP decide di darsi allo “shopping” nelle case dei divi più chiacchierati. Prima per il gusto di possedere gli oggetti griffati delle star, poi per potersi finanziare pure locali e droghe varie. Ovviamente vengono beccati e a questo punto (che sono qualcosa come i dieci, quindici minuti finali di un film abbastanza corto e veloce, nulla a che vedere con le 15 ore e mezzo di Somewhere) la cosa diventa veramente molto interessante, perché le reazioni dei ragazzi di fronte all’arresto e all’attenzione mediatica dovuta al processo riescono finalmente a far sfuggire alla regista il suo primo e unico giudizio sui protagonisti. C’è chi sembra capire e accettare la colpa e c’è chi, ridotto a una parodia delle vittime dei furti, cerca di sfruttare a proprio vantaggio il clamore mediatico, fino a proclamarsi vittima di un errore giudiziario.
Vale la pena di guardare Bling Ring? Prendendo esempio da Sofia Coppola io vi ho esposto i fatti. Il giudizio cercatelo voi tra le righe. L’unica cosa che non posso esimermi dal dire è che la colonna sonora è una sequela di musicaccia orrenda, talmente adatta alle situazioni, da risultare perfetta. E sapersi affrancare dai propri ottimi gusti (e dal proprio marito, tranne che in un pezzo per i titoli di coda) in funzione di una narrazione che ha necessariamente bisogno di suoni diversi è, a parere di chi vi parla, un grande pregio per chi deve curare una colonna sonora. La povera annoiata Marie Antoinette poteva commuovere la regista al punto da meritarsi Aphex Twins, Air, New Order e Strokes, questi giovani ladruncoli meritano solo ciò che appartiene a quel lato oscuro dello star system di cui vorrebbero far parte.