(2007-2010) – Wildside
E pure Crossroads se ne torna dalle vacanze. Vacanze lunghette a dirla tutta. Qualcosa come un mese e una settimana senza recensioni. Ora si riparte alla grande e in diretta dal Portogallo. Ok, dimenticatevi il surf e le spiagge, che pare di essere in Scozia, solo con meno sole. Quindi, per non piangere, e per non sentire la mancanza del paese natìo, si parte con un’italicissima commedia spalmata su tre stagioni: Boris. Simpatica, molte buone idee, alcuni buchi nell’acqua. Il principale punto di forza di questa serie italiana coincide con il suo più grande limite...ovvero, essere italiana.
Esempio. Il mondo delle serie nostrane è ancora dominato dalle miniserie targate Rai e dalle Soap, quindi, per fare qualcosa di diverso potremmo fare una bella serie di alto livello, no? No, prendiamo per il culo le fiction e le Soap. In fondo siamo Italiani, meglio non osare troppo. La presa per il culo dei malcostumi italiani applicati al mondo della televisione è fatta magistralmente, ma purtroppo è l’unica cosa che trovo veramente interessante della serie.
La vicenda comincia con il primo giorno di lavoro di Alessandro, stagista sul set della soap opera Occhi del cuore. I suoi sogni di cinema vengono presto infranti dallo scontro con una realtà che ben poco ha a che vedere con il cinema. Il regista René Ferretti, proprietario del pesce Boris, ha come unico scopo quello di terminare le scene a prescindere dalla qualità, gli attori sono dei “cani” per dirla alla Ferretti che devono il lavoro unicamente a parentele e agganci politici. Il direttore della fotografia è un cocainomane interessato più alle pennichelle che alle luci. Sembra che l’unica a darsi da fare sia l’assistente alla regia Arianna, che però, almeno inizialmente, tratta il giovane stagista come uno schiavo alla pari degli altri.
Per le prime due stagioni è divertente ridere della nostra italianità, della nostra propensione al nepotismo, alla corruzione, allo sfruttamento e al qualunquismo… però, come già detto, dopo una settimana di fila il minestrone può anche stufare. Con il tempo sembra che la serie si rinchiuda proprio in quei cliché che vuole deridere. Alla centesima ripetizione di: “Questo è molto italiano da parte tua” fatta dalla star della soap Stannis LaRochelle, viene da pensare: “Questa ripetizione di questo è molto italiano è molto italiana e comincia a stufare".
Non che nella seconda e nella terza stagione non ci siano buone trovate (ci sono molti momenti di pregio) ma la cornice in cui vengono inserite, per quanto mi riguarda, inizia a diventare abbastanza prevedibile e ripetitiva.
La sigla degli Elio e le storie tese (il gruppo più insopportabile che mai abbia calcato il suolo italico), rende molto presto necessario ad ogni puntata, saltare dalle scene introduttive alle sequenze che seguono i titoli di testa. Si capisce che nelle intenzioni avrebbe dovuto essere un valore aggiunto e questo stratagemma mediatico immagino possa funzionare, con chi riesce a sopportare la voce di Elio per più di mezzo secondo.
Non dico che non valga la pena di guardare almeno la prima stagione, ma a patto di essere in pari con Big Bang Theory e con How I met your mother (le due migliori sit-com mai realizzate, di cui parlerò approfonditamente in uno dei prossimi articoli). Se avete fatto i compiti, prima di mettervi a guardare New girl, può valere la pena di fare un saluto al pesce Boris.