venerdì 5 luglio 2013

Lotte in punta di pennello

Tsugumi Ohba Takeshi Obata - Bakuman
(2010-2013) - Planet Manga

Capita spesso che in un manga uno dei personaggi sia un mangaka, ma molto meno spesso che tutti i protagonisti siano autori di fumetti. A pochi giorni dall’uscita dell’ultimo numero in Italia e alcune settimane dopo la fine dell’anime in Giappone (adattamento discreto), diamo uno sguardo allo shonen degli shonen nel suo complesso.


Partiamo dagli autori: Ohba (sceneggiatura) e Obata (Disegni) vengono da una collaborazione precedente di quelle che non si dimenticano facilmente. E il frutto si chiamava Death Note. Ora, eviterei di sprecare altre parole per due tizi che hanno firmato uno dei migliori manga, ma che dico, uno dei migliori fumetti a livello mondiale di sempre.
Detto questo veniamo alla trama. In breve, Bakuman ripercorre la storia di due ragazzi (dalle medie fino ai 24 anni) con il sogno di diventare autori di punta di Shonen Jump (per intenderci la rivista che ha pubblicato Dragon Ball, One Piece, Naruto, lo stesso Bakuman e quasi tutti i più grandi successi shonen a livello mondiale). Shujin è un talentuoso giovane scrittore appassionato di fumetti, primo della classe destinato ad università di prestigio. Saiko ha un grande talento per il disegno ed è nipote di Taro Kawaguchi, autore di un’unica serie di successo, morto logorandosi nel cercare di pubblicare una seconda storia.
Nei 20 numeri di Bakuman veniamo introdotti nel mondo della più grande casa editrice giapponese, tra china, retini, pennini e bizzarri disegnatori con cui i protagonisti instaurano solide amicizie e accese rivalità. Il gioco che regge la trama dell’intera serie è la sfida continua tra gli autori per poter restare ai primi posti dei sondaggi di gradimento dei lettori, sondaggi con cui, anche nella realtà, la casa editrice decide chi può continuare a pubblicare e chi deve essere tagliato. E questo è probabilmente la parte meno interessante del manga. I veri punti di forza sono l’abilità strategica (leggi intelligenza) che Ohba ha già dimostrato su Death Note e la capacità di creare un universo di personaggi satelliti anche più interessanti degli stessi protagonisti. Capita spesso, infatti, che il duo di disegnatori/sognatori venga temporaneamente abbandonato per seguire le vicende dei colleghi. Un esempio tra tutti è l’esilarante Hiramaru, ex impiegato e pessimista cronico toccato dalla fortuna di aver presentato a Shonen Jump, sperando in molto denaro e poca fatica, il best seller “Lontra n°11”.
Ohba, che aveva già dimostrato di non essere secondo a nessuno con gli intrecci e i dialoghi di Death Note, torna a dare prova di grandissima abilità raccontando nulla più che la propria vita di tutti i giorni (ovviamente con aggiunte in puro stile manga di combattimento/romantico per rendere il tutto più attraente e meno monotono). Ma non è tutto oro nel mondo dei manga: i tempi sono frenetici, non ci sono orari di lavoro e si perde il contatto con il mondo esterno. C’è chi pensa di poter pubblicare utilizzando scorciatoie, c’è chi non riesce ad elevarsi dal grado di assistente, c’è chi dopo una serie non trova più il modo di farsi pubblicare e soprattutto ci sono visioni diverse su quanto si possa cedere per incontrare i favori del pubblico. Sicuramente il grado di approfondimento nel campo dell’editoria di fumetti in Giappone è estremo per un manga di questo genere. Per questo l’incredibile successo mondiale di questa serie è, non solo per me, qualcosa di completamente inspiegabile. L’ho adorata, ho aspettato con ansia le uscite, ma ammetto di non capire come abbia potuto competere con la leggerezza avventurosa di Naruto e One Piece per il bacino di utenza shonen. Dal mio punto di vista è superiore ad entrambi, ma è pure pieno di trovate non commerciali, incredibilmente verboso (denso, ma ben scritto), a tratti lento e riflessivo e, cosa molto strana per un manga, molto lento da leggere.
Forse, nonostante tutto, come continuano a ripetere gli autori protagonisti della storia, quando un prodotto è buono, può aver successo senza badare a compromessi. O forse l’idea di creare un manga di combattimento di nicchia che tanto interessa gli autori (perché sia Bakuman che Death Note sono proprio questo) è veramente destinata a suscitare interesse anche nel grande pubblico.
Si spera che questo sodalizio non finisca e che dopo due grandi serie, Ohba e Obata possano lasciarci a bocca aperta con una terza storia anti-convenzionale. Sarebbe bello vederli all’opera su un seinen manga in cui non si debbano necessariamente limitare in funzione dell’età del pubblico, ma, in fondo, non credo che chi abbia partorito personaggi che bucano la pagina come Hiramaru, Niizuma e L, sia a livello di personalità, sia a livello di charachter design, possa in qualche modo deludere anche con un terzo shonen.

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