(2013) - BAO Publishing
Seee, lo so che è da una settimana che non pubblico nulla. Un po’ che so’ pigro, un po’ che c’ho pure altro da fare. Ad esempio mò sto a Rimini per un corso e mi è apparsa la Tatcher che m’ha costretto a stare in albergo a mettermi a scrive ‘sto articolo invece di uscire a magnà ‘na piadina.
Ecco, una cosa come quella sopra (verissima loggiuro tranne che per la Tatcher) potrebbe averla scritta Zerocalcare. E invece l’ho scritta io cercando di imitarlo, così come tante cose che lui ha scritto, potrei averle scritte io. Non nel senso che avrei saputo fare altrettanto bene, chiaro, ma nel senso che mi riflettono pienamente e, come me, riflettono pure gran parte dei miei coetanei. Ecco, potremmo dire che se oggi in Italia esiste un artista in grado di dare voce alla generazione dei nati negli anni ‘80, quello è Zero.
Facciamo un po’ di ordine e cominciamo con dare a Cesare ciò che è suo (per citare uno che ai trent’anni c’è arrivato, ma non è andato molto oltre). Passo dal mio spaccio di fumetti, che da quando c’è è una gioia solo il non dover fare 50 minuti in macchina per prendere l’ultimo numero di Gantz quella volta all’anno in cui qualche ceffo di Planet Manga si ricorda di farlo uscire. Passo, dicevo, e lo spacciatore di fiducia mi avverte dell’uscita del volumone di Zerocalcare. Zerochi? Calcare, leggilo! Ok prima do un occhio al suo blog. Quella sera do un occhio. La mattina seguente mando una mail a Fullcomics per farmi tenere in parte “Ogni maledetto lunedì su due”.
Zerocalcare è un fumettista romano che da alcuni anni tiene un ottimo blog su cui, ogni maledetto lunedì su due (quando gli riesce), pubblica una storia a fumetti, nella quale il suo alter-ego in due dimensioni si trova alle prese con, per usare termini tecnici, i cazzi e mazzi della quotidianità. Il tomo in questione raccoglie appunto le storie apparse in rete, unite da una storia a colori che ha il compito di legare il tutto, otre che di chiarire qual è la situazione in cui stanno molti trentenni in Italia.
Lo Zerocalcare bidimensionale è perennemente incazzato con il mondo, parla con esseri di fantasia, si ciba solo di plum-cakes (vive da solo e dalle storie si evince che non sappia cucinare) e si muove attraverso storie che hanno certamente un fondo autobiografico (ma non saprei dire fino a che punto) e che l’autore riesce a rendere, forse non universali, ma sicuramente “generazionali”, miscelando sapientemente il reale con il fantastico ed utilizzando elementi (sia quelli reali che quelli fittizi) che parlano “di” e “a” una generazione ben precisa. La sua. La mia.
Zero è irascibile e incazzato con il mondo, vive in un appartamento lercio, non sa accendere il forno, si distrugge le dita sui videogiochi, fagocita un’immensa quantità di serie TV, fatica ad arrivare a fine mese disegnando fumetti, locandine e dando ripetizioni ad un ragazzino raffigurato come Blanka (“il selvaggio di Street Fighter allevato dalle bestie”). Oltre a questo parla con un armadillo (che è la sua coscienza). Una cosa che trovo in questa raccolta e che non ho mai trovato prima, è che, il personaggio di Zero permette di tracciare una linea di separazione tra il trentenne sfaccendato della scorsa generazione e quello della nuova. Il nuovo trentenne non è uno sfaticato affetto da sindrome di peter-pan che vive con i genitori e non ha né voglia, né bisogno di trovare un lavoro, ma uno che se ne vuole andare a vivere da solo pure con un lavoro che gli fa fare notte senza dargli i mezzi per arrivare a fine mese. E’ un personaggio multimediale, forse addirittura cross-mediale, con interessi in molteplici campi e che, per poter seguire tutte le proprie passioni, deve necessariamente ridurre in modo drastico le ore di sonno. Zero rappresenta la “generazione mille eruro”, ma senza buonismo, spirito di sacrificio e altre false e inutili romanticherie.
Mettiamo subito bene in chiaro una cosa, in caso non abbiate voglia di arrivare alla fine dell’articolo. Questo libro a fumetti fa morire dal ridere e lo fa in modo tutt’altro che stupido. Unica pecca del volume è che dopo aver letto le storie più recenti (le prime nell’ordine del blog), le più vecchie risultano, non brutte, ma sicuramente meno audaci e mordaci. L’ironia amara non sempre colpisce al centro, pur andandoci molto vicino. Procedendo nella lettura si arriva comunque in breve a livelli altissimi. E il fatto che si veda questo continuo miglioramento è una cosa molto positiva, dal mio punto di vista. E’ ciò che impedisce di stufarsi di un autore e che lascia sperare che ci sia la volontà continua di migliorarsi.
Che si voglia leggere un’ottima opera a fumetti, che si voglia, vinti dalla pietà, aiutare l’autore a tiare a campare con il lavoro di fumettista, che ci si voglia spaccare dalle risate con un favoloso umorismo caustico, il volume in questione è un ottimo investimento. Se invece si vuole un testo sulla propria generazione o se si vuole provare a capire meglio una generazione che non è la propria, questa diventa sicuramente un’opera fondamentale.
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