(Fox Television Studios, Fuse Entertainment) - 2011-2012
“Chi ha ucciso Laura Palmer?” Ah, no aspettate, ho sbagliato serie. Ricominciamo.
“Chi ha ucciso Rosie Larsen?” recita una delle locandine promozionali della serie (quella che vedete in alto per la precisione). Beh, i casi sono due. O questi sono dei pazzi che hanno intenzione di mettersi in competizione con la miglior serie mai prodotta, sfidando le vette gemelle, o sono dei furbacchioni che hanno studiato sui testi sacri e strizzano l’occhio rendendo omaggio ai maestri. Dopo due serie, con la conclusione della prima indagine, scelgo la seconda.
La strada che mi ha portato ad imbattermi in questo gioiellino ha a che fare con un’altra serie poliziesca molto intelligente e molto ben fatta, ma cartacea, ovvero Julia (di Giancarlo Berardi - Sergio Bonelli Editore). In particolare l’Almanacco del Giallo 2012. Spero quindi di poter fare lo stesso servizio per qualcuno che non abbia ancora goduto delle indagini del duo Linden/Holder. Quindi eccovi qualche buon motivo per cui, se non avete visto le prime due stagioni, dovreste mettervi immediatamente a guardarle. Soprattutto a tre giorni dall'inizio della terza serie in America.
Per darvi un’idea in breve, riporto pari pari quello che Wikipedia (link) ci dice sulla trama: “A Seattle una giovane ragazza, Rosie Larsen, viene uccisa. La trama intreccia tre aspetti connessi all'omicidio: le indagini della detective Sarah Linden, affiancata dal collega Stephen Holder; il dolore che colpisce la famiglia della vittima; e un gruppo di politici locali che rischia di vedersi compromessa la campagna elettorale. Con la prosecuzione della storia, diventa chiaro che non ci sono casualità e ognuno dei personaggi coinvolti si porta dietro un segreto che gli impedisce di poter voltare pagina”. Preciso e conciso, dice tutto e non dice nulla. Vediamo di aggiungere qualcosa.
The Killing, tanto per cambiare, è il remake di una serie televisiva danese dal nome impronunciabile (Forbrydelsen), che pare (mi affido a notizie riportate) già contenesse vaghi riferimenti a Twin Peaks. Riferimenti che sono stati presi e ingigantiti dalla versione americana. Alcuni di questi risultano semplici citazioni, come la locandina o il casinò, altri sono parte integrante della struttura portante del racconto come l’indagine sulla morte di una giovane ragazza, la partecipazione dello spettatore a ciò che avviene all'interno delle abitazioni e, soprattutto, l’attenzione al dramma della famiglia della vittima. Fortunatamente le similitudini si fermano qui e The Killing risulta qualcosa di totalmente diverso da quella magnifica scheggia impazzita firmata Lynch/Frost.
Dopo la semplice lettura della trama, la serie potrebbe sembrare un tiepido poliziesco da manuale. Niente di più distante dalla verità. Prima di tutto non ha nulla di tiepido: a partire dalla pioggia che compare in ogni inquadratura, per arrivare fino ad una fotografia dai colori cupi e freddissimi, passando per i cappotti e per la solitudine dei protagonisti. E con questo abbiamo sistemato il primo punto, non un tiepido, ma un gelido poliziesco. Seconda parte, il manuale. Ipotesi molto facile da eliminare. In primo luogo non ci sono maggiordomi in giro (via Agatha Christie), poi i protagonisti sono fragili e insicuri (via Chandler e la scuola dei duri), i Larsen non sono parenti di Jessica Fletcher e quindi lei ha saggiamente deciso di restarsene a Cabot Cove a farsi i fattaci suoi, non ci sono immense cazzate finto-scientifiche da spruzzare sul fegato della vittima per sapere quante volte il fratello di suo cugino ha starnutito durante il pranzo di Natale del 1983 (via pure C.S.I. e N.C.I.S.). A parte gli scherzi. Tutti i personaggi hanno uno spessore, qualcosa da dire e molto da nascondere; i protagonisti, soprattutto, sono due persone comuni piene di difetti e di segreti e non si riesce fino alla fine a capire quanto siano effettivamente affidabili. Inoltre, e qui si guadagnano migliaia di punti, per due stagioni si indaga su un unico caso, i tempi sono lenti e permettono di osservare a fondo i soggetti che si avvicendano sullo schermo; la continuità è sfruttata ai massimi livelli e ti induce spesso e volentieri a far notte quando hai più di una puntata in arretrato.
Sicuramente una delle migliori serie degli ultimi anni, con un finale della seconda stagione che non delude. Unico grande neo, il fatto che la pioggia incessante non abbia vinto un Emmy come miglior attrice non protagonista. Sarebbe stato meritatissimo.
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