1999 (originale 1990) – Panini Comics
Parliamo di un’ottima opera di un grandissimo narratore per immagini. Come si può fare, in 142 pagine, con solo una decina di balloon e vignette squadrate (stile Bonelli), a rapire il lettore nella storia e a far sembrare il fumetto denso quasi quanto un numero di Bakuman? Ovviamente bisogna chiamarsi Jiro Taniguchi e avere un talento fuori dal comune per esprimere con la china tutto ciò che non si può vedere con gli occhi.
La trama è presto svelata. In questo fumetto non succede assolutamente nulla.
In 17 capitoli brevissimi, ci limitiamo ad accompagnare un uomo di mezza età, appena trasferitosi con la moglie in una cittadina di provincia, in una serie di passeggiate, una per capitolo. In una porta a spasso il cane, in un'altra si sdraia sotto un albero, in un'altra ancora va in libreria. Se mi dicessero che è uscito un autoconclusivo Bonelli con queste premesse cercherei di starne ben alla larga, ma non dimentichiamo chi è l’autore in questo caso.
Un tratto capace di far uscire dalla carta i pensieri inespressi del protagonista e la cura maniacale dei particolari ci fanno immergere in un nuovo paese da esplorare accanto ad un uomo mite, che (presumibilmente) dopo una vita cittadina, si trova in un paese tranquillo della provincia Giapponese, verde e a misura d’uomo.
Ma i vertici emozionali vengono raggiunti quando quest’uomo tranquillissimo sembra tornare bambino e si lascia trasportare dall’ambiente che lo circonda verso sensazioni dimenticate con gli anni. Allora, dopo essersi arrampicato su un albero per recuperare un giocattolo, decide di riposarsi tra le sue fronde, oppure tornando a casa ubriaco da una cena di lavoro, di notte, non trovando le chiavi di casa e non volendo svegliare la moglie decide di passeggiare incespicando verso un luogo da cui poter veder sorgere il sole. Questi sono solo un paio di esempi. E il fatto di non voler spiegare nulla, di non commentare, regalandoci solo le immagini ci permette di concentrarci sulle nostre emozioni, di farci stupire attraverso il disegno delle stesse cose di cui si stupisce il protagonista e di far tornare a galla i nostri ricordi e la voglia di prenderci un momento, come il protagonista del volume, per riviverli, anni dopo, con tranquillità e maturità, godendo fino in fondo di queste piccole pazzie.
Niente trame cervellotiche, niente azione ipercinetica dal grande Taniguchi. Solo la sua immensa capacità, con un tratto di pennino, di farci rivivere le stesse emozioni dipinte sulla sua faccia del protagonista e di farci tornare a quando scalavamo gli alberi per andare a recuperare il pallone, a quando, qualche anno dopo, si stava svegli in balcone chiacchierando ubriachi per aspettare l’alba. Per cui, volete passare una serata rilassante tra i ricordi? Andate a farvi una passeggiata nel paesello. Non abitate nel paesello? O ci abitate, ma avete voglia di leggere? Allora leggetevi "L'uomo che cammina" e, fidatevi, esattamente come una passeggiata in buona compagnia, è capace di placare qualunque preoccupazione.