venerdì 28 febbraio 2014

Il trionfo della sociopatia

Sherlock - stagione 3
Inghilterra – 2014

Ebbene, anche la terza stagione di Sherlock è giunta al termine (con ampio margine, visto che in questi giorni fatico a seguire il blog) e, come al solito, è finita con sommo rammarico del nocciolo duro del pubblico nerd-seriedipendente. Approfittiamone e diamo un rapido sguardo a questa chiacchierata serie che qualcuno ama alla follia e qualcun altro apprezza, pur trovandola sopravvalutata. Io la amo alla follia, pur riconoscendone qualche difetto, piccolezze che non pregiudicano la goduria dei 270 minuti di ciascuna delle tre stagioni.

Come nelle precedenti stagioni, la formula dai 3 episodi da 90 minuti viene mantenuta, fosse anche solo per far capire agli americani che se sei uno sceneggiatore del calibro di Steven Moffat e Mark Gatiss, puoi calamitare l’attenzione dello spettatore oltre i 40 minuti senza nessuna fatica. Se poi il protagonista è un mattatore del calibro di Benedict Cumberbatch, hai fatto game, set, partita e tutti a casa contenti per lo spettacolo.
Per chi si fosse perso le prime due serie (seriamente pensate di avere qualcosa di meglio nella vita? Guardatevi la prima puntata, poi ne riparliamo), Moffat e Gatiss (provenienti da quella cacata pazzesca di doctor Who) hanno preso lo Sherlock di Doyle, l’hanno spogliato di tutto quanto fosse vittoriano, hanno estratto l’anima del personaggio e l’hanno calata ai giorni nostri. Risultato, gli episodi non c’entrano una mazza con i libri di Doyle, ma lo spirito permane, rendendola una delle migliori reinterpretazioni del personaggio mai fatte (dopo quella di Billy Wilder, ovviamente). Quindi dopo essere stato estratto dal contesto, l’investigatore viene calato in una Londra mai così moderna, dark e romantica e la sua superiorità intellettuale viene spinta ad un punto tale da sforare ampiamente la stronzaggine gratuita, arrivando nella sociopatia palese, dopo aver attraversato un’iperattività tecno-mentale favorita dalla dinamicità delle riprese.
Se ce ne fosse bisogno, Sherlock conferma che avere come protagonista una simpatica testa di cazzo, quando non un cattivo in piena regola, al momento, è il primo ingrediente per una serie di successo (House, Lie to me, House of Cards, Dexter, Misfits, The Big Bang Theory, How I met your Mother e, ultimo, ma non meno importante, quel gioiellino di The Hour).
Accanto a Sherlock troviamo il fedele dottor Watson, reduce dall’Afghanistan (esattamente come nei romanzi) che gestisce un blog dedicato alle indagini in compagnia dell'amico sociopatico ad alta efficienza. Watson è probabilmente un altro elemento che ha favorito il successo della serie. L’uomo comune che fa da controaltare agli eccessi di Mr. Holmes e si lascia sballottare, come lo spettatore, da eventi che si susseguono a ritmo frenetico. E che permette una narrazione (soprattutto in questa terza stagione) fortemente incentrata sul tema dell’amicizia.
Tornando a noi, in quest’ultima stagione si parte con un primo episodio che è una bomba ad orologeria, in tutti i possibili sensi. 90 minuti tiratissimi, senza una minima pausa per prendere fiato, senza una linea di dialogo che non sia da inserire in un’antologia di sceneggiature. Si passa poi ad un secondo episodio, che nelle scorse stagioni era il punto debole, in cui si cerca di virare sulla comicità di uno Sherlock alle prese con l’arduo compito del testimone di nozze per evitare il calo di ispirazione. Missione riuscita? Ni. Per finire con il botto di un terzo episodio in cui Sherlock deve scontrarsi con un supercattivo ben più intelligente di lui.
Non uso la parola supercattivo a caso. Sherlock non è un giallo, non lo si guarda per scoprire l’assassino, l’indagine è quasi lo sfondo su cui si svolge l’azione, non si può provare a prevederne l’esito (o meglio, si può provare e fallire). Come in ogni buona serie supereroistica, si guarda Sherlock per Sherlock. E la serie che racconta di questo adorabile e stronzissimo psicotico è probabilmente la serie di genere supereroi stico migliore che mai sia stata fatta. Ed è ovvio, perché come tutte le cose migliori, volontariamente o no, trascende il genere.
Sceneggiatura di altissimo livello, fotografia eccellente, interpretazione geniale, regia ipercinetica. Intratenimento di altissimo livello. Ancora qui state? Forza, mettersi in pari, che la stagione 4 è già in cantiere.