domenica 19 gennaio 2014

Garbato thriller romantico in punta di pennello.

La migliore offerta – Giuseppe Tornatore
Italia - 2013

Sì, lo so. Nell’appena concluso 2013 è uscito “La grande bellezza”. Tutti ne parlano (chi bene, chi male, chi facendosi mandare a fare in *ulo da Tony Servillo durante un’intervista) e magari pure io ne parlerò quando le acque si saranno calmate. Per ora preferisco lasciare un commento sul film che più mi ha sorpreso dell’anno passato: “La migliore offerta”.

Considerando che questo blog parla di musica, cinema, fumetti, serie TV e che, ad avere tempo parlerebbe pure di libri e videogiochi, è facile capire che una delle cose che più mi interessano in campo artistico è la capacità di superare i confini. Qualunque tipo di confine: sia esso sia immaginario (la capacità di trascendere il genere) o reale (la capacità di trascendere il mezzo e la provenienza).
Bene, qui si parla di un film e di un regista che sfruttano in modo magnifico la capacità di superare questi confini immaginari, fondendo più generi, e pure di oltrepassare confini reali, realizzando un film di tiro e cast internazionali. Oltre a questo leggo che pure il confine della pellicola è stato varcato per la prima volta da Tornatore in favore del digitale, ma qui si va nel tecnico e lascio la cosa ai tanto bistrattati critici.
(Un giorno o l’altro mi verrà in mente di scrivere in merito a quanto trovo necessaria la critica professionista e a quanto invece trovo dannosa la critica domenical-wannabe. Per prevenire commenti puntualizzo nuovamente che su questo blog ci sono solo amichevoli consigli “di pancia” e che il lavoro del critico e del recensore lo si lascia ben volentieri a chi lo sa fare.)
Il solito sguardo rapido alla trama:abbiamo Virgil (Geoffrey Rush), un quotato battitore d’aste, a cui viene affidata la vendita di dipinti e arredi di una villa antica da una ragazza misteriosa, che rifiuta sistematicamente di incontrarlo impilando scuse improbabili su scuse dubbie. Questa continua assenza da un lato indispone il solitario protagonista, dall’altro lo stimola ad indagare sulla giovane donna, forse perché la solitudine e le fissazioni peculiari di Virgil lo rendono adatto a comprendere le ben più gravi fobie che affliggono la ragazza. Accanto a questo “thriller dell’anima”, come lo ha definito in modo molto azzeccato Film TV, abbiamo il ritrovamento di ingranaggi dispersi nella villa. Questi accendono, oltre alla curiosità del protagonista, quella di un ragazzo, un abile aggiustatutto, che finisce con il diventare mentore e confidente del protagonista in campo amoroso.
In questo lavoro di Tornatore abbiamo un po’ tutto quello che si può chiedere: la fiaba, il giallo, il thriller,il dramma, la storia d’amore e il film d’autore con protagonista colto, carismatico e solitario che tanto piace a questa nostra vecchia sinistra colta, solitaria e poco carismatica.
Come ho già detto, ho molto apprezzato la capacità di valicare i confini, sia per quanto riguarda l’ottimo cast, e qui ci sta un bell’applauso a Tornatore per la scelta azzeccatissima di quel simpaticone di Donald “Babbo Natale” Sutherland (ah, quanto sta simpatico Donald Sutherland appena ti appare sullo schermo!!), sia per la scelta di questa città grigia e piovosa dalla collocazione imprecisata che fa da sfondo agli eventi esaltandone il mistero.
Forse una delle caratteristiche più interessanti del film è l’equilibrio tra il tono di narrazione rarefatto e distaccato che collide amabilmente con un gusto favolistico tutto europeo (simile ad un “Amelie” adulto) che chiede di lasciarsi andare al sogno, generando nello spettatore un effetto interessante. Come dormire su un letto di chiodi riuscendo a sognare.
La favola è evidente, in particolare nel finale semi-aperto, a cui, gente che ha perso la capacità di lasciarsi cullare dai sogni del cinema, ha cercato di dare spiegazioni improbabili, trascurando completamente il montaggio delle ultime scene, certi dialoghi tra i personaggi principali e le importanti rivelazioni sui falsi d’arte che vengono rivelate.
Poi è ovvio che agli oscar ci arrivi un film che sfrutta magistralmente gli stereotipi italiani, piuttosto che un film “italiano” che se li scrolla di dosso, pur mostrando una sensibilità profondamente europea. Avevo detto che non avrei parlato del film di Sorrentino, ma alla fine mi è scappato e pare pure che non mi sia piaciuto. Nulla di più falso. E’ un film bello ed importante, da vedere, ma mi fa incazzare che i riconoscimenti l’Italia li riceva solo quando si dimostra aderente ai preconcetti che si hanno all’estero. Sarei certamente stato più soddisfatto se questo riconoscimento fosse stato dato a “Il divo” o “Le conseguenze dell’amore” o “La migliore offerta”.
Tornando a noi, quest’ultimo si rivela un ottimo prodotto per qualunque spettatore, con in più, per chi sappia e voglia lasciarsi andare tra le braccia del regista, la certezza di venire sorpresi e irrimediabilmente affascinati da questa scura indagine sull’arte e i sentimenti dall’incedere fiabesco.