Ásgeir Trausti –In the Silence (Dýrð í dauðaþögn)
2013 – One Little Indian
Diamo a Cesare ciò che è di Cesare e all’Islanda ciò che le compete. 320.000 abitanti tra cui Bjork, I Sigur Ròs, Emiliana Torrini e il ragazzino in questione. La domanda sorge spontanea: “Che gli danno da mangiare da piccoli? Vinile tritato?” Ásgeir Trausti è probabilmente il principale esponente di quel movimento di artisti nati dopo l’inizio degli anni ’90 che fa del farmi sentire vecchio e inutile il proprio manifesto. Andiamo a dare uno sguardo alla sua opera prima.
Più che a Jeff Buckley, a cui molti l’hanno paragonato, lo inserirei nella scena indie-cantautorale che discende direttamente da Paul Simon e dal suo socio alto con il cognome strano. Non mi riferisco all’ondata di emuli alla Turin Brakes e Kings of Convenience dei primi anni del nuovo secolo, piuttosto, ai barbuti songwriters di fine decennio, quali: Bon Iver e John Grant e il più elettrico Jonathan Wilson, che mi pare possano avere qualcosa da aggiungere rispetto a quanto scritto negli anni ‘60.
Sicuramente per raggiungere Buckley il ragazzo islandese necessiterebbe di grandi iniezioni di disperazione mischiata a quelle vagonate di sporco e inesattezze che rendono irraggiungibile il giovane fantasma del Mississipi. Ma, signori miei, quando quella voce sale, ti regala brividi che si avvicinano veramente molto agli intrecci vocali più ispirati di Simon & Garfunkel. Diamo tempo al tempo e speriamo che il clima islandese dissuada Ásgeir dal farsi una nuotata notturna.
Inizialmente, pensavo di parlare unicamente della versione originale islandese (2012) del disco, poi mi sono messo, più che altro per i testi, ad ascoltare le tracce dell’album tradotto in inglese e ho cambiato idea. Il disco non viene stravolto e non perde assolutamente forza nella sua versione per il mercato estero. Non posso ovviamente valutare la traduzione dei testi dall’islandese, ma vorrei far presente che sua maestà John Grant, regina di Danimarca, ha collaborato. Quindi potremmo pure dare per scontato che la traduzione sia la migliore possibile.
La scaletta del disco ci regala momenti di grande ispirazione in brani come la titletrack “In the Silence”, la hit “King and Cross” (6 settimane consecutive in testa alla classifica islandese, non male per un cantautore indipendente), la trascinante “Torrent “,carica di percussioni e “In harmony”, in cui fanno capolino elementi post rock tanto cari ai conterranei Sigur Ròs.
I live ci presentano uno sbarbatello (in senso figurato, sia mai che capiti un cantautore senza barba nell’era del post Bon Iver) che pare aver consumato parecchie corde nella sua vita. Perfetto nella versione elettrica-elettronica, toccante in versione acustica. Date un occhio a questo video della super-hit “King and Cross“ (“Leyndarmál” nella versione islandese) per capire da che livello parte il ragazzo.
Non credo(e non glielo auguro neppure) che Ásgeir sia destinato a scomparire senza lasciare un segno: il talento c’è tutto, e, ascoltando il nuovo singolo “Lupin Intrigue” (lo trovate sotto), pare lo stia usando bene, sfruttando l’elettronica in modo molto interessante. Non ci resta che aspettarlo al traguardo del secondo disco, sperando che decida di alzare ancora un po’ l’asticella e farci vedere un ottimo salto.